Conoscere completamente Bella Baxter in Povere creature! significa anche leggere attraverso gli abiti che indossa. Oltre alla straordinaria interpretazione di Emma Stone nel film di Yorgos Lanthimos bisogna perdersi nel lavoro visionario della costume designer Holly Waddington (The Great, Lady Macbeth) che in passato ha collaborato con una grande del settore: Jacqueline Durran (creatrice del guardaroba di Barbie e Anna Karenina, per dirne un paio) nello specifico in Espiazione di Joe Wright (vi ricordate il meraviglioso abito verde indossato da Keira Knightley?).
Unica richiesta di Lanthimos: maniche ampie, esagerate, per il resto carta bianca. Il regista ha iniziato a costruire l’immagine di Bella da un dipinto di Egon Schiele – almeno per quella lunga chioma corvina – mentre da quelle maniche ampie che negli Anni 40 e 80 hanno raccontato due momenti positivi per le donne e la loro affermazione attraverso ciò che indossavano, è partito il viaggio di Waddington.
La prima scelta chiara è stata eliminare i corsetti tipici dell’epoca vittoriana e con un team di 40 persone e 22 settimane di lavoro ha dato vita ad abiti che “dovevano sembrare vivi”, offrendo a Stone la libertà di muoversi come una bambina. E proprio da ciò che fanno i bambini, ha raccontato al NY Times, si basa tutto il suo lavoro in questa pellicola.
I bambini vengono vestiti dai genitori – nella prima parte del film lo fa Mrs Prim – ma a un certo punto finiscono per togliersi un pezzo e rimanere seminudi, esattamente come fa Bella che ha sempre qualcosa di apparentemente sbagliato addosso.
Nel difficile – ma sempre riuscito – equilibrio tra l’incontenibile desiderio di spogliarsi e l’affermazione di sé attraverso la scelta di un capo manifesto sta il lavoro magistrale di Holly Waddington. Dal blu tinto 20 volte fino a ottenere la nuance più cupa e triste per l’abito di Victoria Blessington che le vediamo addosso prima di gettarsi in acqua, fino alla mantella “condom” che anticipa il capitolo ambientato nella casa di piacere dove la palette cromatica scelta è tutta neutra per esaltare la pelle dei corpi. A contrasto il nero domina per la fase degli studi di medicina, il desiderio della costume designer era dare a Bella un look più maschile e strutturato, è stata poi la stessa Emma Stone a scegliere di non mettere la gonna e lasciare le gambe scoperte.
Nel lavoro di Waddington su Bella ci sono riferimenti a Schiaparelli degli Anni 30, gli stivaletti sono un omaggio a Courrèges degli anni 60 e per la scena in cui Bella muove i primi passi a Lisbona con i suoi calzoncini gialli, la reference è Jodie Foster in Taxi Driver. Per l’abito da sposa, invece, l’ispirazione è arrivata dalla stilista dei primi Anni 20 Madeleine Vionnet e dal suo BeeHive dress con una rete di cuciture di sbieco, avanguardia per l’epoca. Bella doveva sembrare in una gabbia senza però rinunciare a mostrare il suo corpo attraverso l’uso di un tessuto see-through. Il velo è un dettaglio troppo tradizionale per Waddington che all’ultimo ha deciso di arrotolare attorno al volto di Bella, trasformando quel look nel preferito di Emma Stone. Non solo di questo film, ma di tutta la sua carriera.
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