In un panorama televisivo sempre più competitivo, due nuove serie TV hanno recentemente attirato l’attenzione degli spettatori per il loro cast stellare e l’estetica impeccabile. Si tratta di “Palm Royale”, disponibile su Apple TV+, e “Feud: Capote VS The Swans” al suo secondo capitolo, disponibile su Disney+.

Nonostante le grandi aspettative, entrambe le serie sembrano non essere riuscite a mantenere una narrazione solida, dimostrando che nemmeno un budget mostruosamente elevato e attori da serie A possono sostituire una sceneggiatura ben costruita e sviluppata.

Palm Royale: una narrazione che si perde per strada

Palm Royale, diretta da Tate Taylor, aveva tutte le carte per essere un susccesso. Il cast capitanato dalla bravissima Kristen Wiig vanta ottime interpretazioni da parte di Allison Janney, Leslie Bibb, Josh Lucas, Laura Dern, Ricky Martin (sì, anche lui è bravo!) ma non poche sono state le difficoltà nel mantenere una trama coerente. L’estetica della serie è indubbiamente uno dei punti di forza: costumi elaborati e fedeli per l’epoca, location esotiche e una fotografia che cattura l’essenza del lusso e dello sfarzo. Tuttavia, a partire dall’episodio della balena, la storia sembra perdere completamente il filo logico, diventando sempre più confusa e priva di senso.

L’episodio in questione, che doveva forse rappresentare un punto di svolta o un momento simbolico, ha finito per disorientare gli spettatori, allontanando l’attenzione dal cuore della trama. Nonostante la bravura del cast, incluso Wiig, il potenziale della serie rimane inespresso, soffocato da una narrazione che non riesce a stare al passo con le sue ambizioni visive.

Feud: Capote VS The Swans: relazioni interpersonali poco approfondite

Dall’altra parte, “Feud: Capote VS The Swans”, diretta da Gus Van Sant, prometteva di esplorare in profondità le complesse relazioni tra Truman Capote (un bravissimo Tom Hollander) e dei suoi “cigni” sociali (Naomi Watts, Diane Lane, Chloë Sevigny, Calista Flockhart, Demi Moore, Molly Ringwald). Anche in questo caso, l’estetica è impeccabile: i costumi, le ambientazioni e la cura dei dettagli trasportano gli spettatori negli ambienti esclusivi dell’alta società newyorkese degli anni ’70.

L’interpretazione di Naomi Watts nel ruolo di Babe Paley è sublime, malinconica ed elegante. La sorpresa è tutta per Sevigny nel ruolo di C.Z. Guest e come riesce a raccontare quella complicità tutta sua con Capote. Sicuramente uno dei momenti più interessanti della serie. Tuttavia, le relazioni interpersonali, che dovrebbero essere il fulcro del dramma, non vengono sviscerate a sufficienza. Dopo la rottura tra Capote e i suoi cigni, la trama non riesce a proporre ulteriori colpi di scena, lasciando gli spettatori con la sensazione di un’opportunità mancata. Non riesce a salvare la situazione nemmeno Jessica Lange, che sembra apparsa direttamente da un episodio di American Horror Story, qui nel ruolo della madre di Capote che gli fa visita come visione nei momenti di delirio e sconforto

Estetica vs narrazione: una lezione importante

Sia “Palm Royale” che “Feud: Capote VS The Swans” dimostrano che un cast eccezionale e un’estetica curata non sono sufficienti per garantire il successo di una serie TV. La narrazione è l’elemento cruciale che permette a una storia di coinvolgere e appassionare il pubblico. Senza una sceneggiatura solida e personaggi ben sviluppati, anche le produzioni più sontuose rischiano di deludere le aspettative.

In conclusione, queste serie sono un promemoria che, nel mondo della televisione, i grossi budget e i cast stellari devono essere accompagnati da sceneggiatori degni di nota. Solo così si può creare un prodotto che non solo appaga la vista, ma anche il cuore e la mente degli spettatori.

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