May December ha tutti gli ingredienti giusti: un regista del calibro di Todd Haynes, due super attrici come Natalie Portman e Julianne Moore e una storia che si basa su un grosso caso mediatico che fece scalpore negli Anni 90. Eppure uscendo dalla sala hai la sensazione che, nel complesso, manchi qualcosa.

L’ispirazione per la sceneggiatura (scritta da Samy Burch e Alex Mechanik) è lo scandalo che travolse l’insegnante 34enne Mary Kay Letourneau, scoperta in una relazione sessuale con un suo studente di 12 anni, Vili Fualaau. Portman è Elizabeth Berry, un’attrice televisiva che interpreterà Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore ovvero Letourneau) e che quindi inizia a conoscerla e studiarla da vicino entrando, senza scrupoli, nel suo mondo.

Il film ha un ritmo incalzante e seducente e non dimentica – a tratti- il lato morboso della vicenda, all’epoca alimentato dai tabloid, spietati quanto i nostri social network oggi. Gli accordi di pianoforte, i fiori, le farfalle, una casa da sogno rendolo l’atmosfera idilliaca mentre lo spettatore si prepara a conoscere Joe (Charles Melton) ovvero il ragazzo timido e plasmato da Gracie, diventato due volte padre prima di finire il liceo e, nel momento in cui si svolge il film, coetaneo di Elizabeth. Gracie, Joe ed Elizabeth iniziano a specchiarsi e a guardarsi allo specchio, indagando l’uno nell’intimo dell’altro, cercando di dare una spiegazione a ciò che la società ha condannato anni prima.

Ma la storia di Letourneau – tutti ci tengono a dire – non è quella di Gracie e allo stesso tempo non si possono prescindere. May December poteva rischiare di più senza perdere la sua eleganza, senza rinunciare a raccontare le fragilità dei suoi personaggi. Infatti il film funziona veramente nelle poche scene in cui Portman schiaccia l’acceleratore sul lato più cinico di Elizabeth, quando Moore, con un ghigno a bocca aperta, ci mostra come la sua Gracie sia capace di manipolare la verità.  Quando, per un istante, l’assurdo sembra avere un senso.

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